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29.08.2022

La proposta di far assumere i docenti direttamente dalle scuole è espressione dell’obsoleta ideologia della scuola-azienda

Negli ultimi anni la proposta di assumere i docenti direttamente a livello di scuola è tornata ciclicamente ad animare il mondo della scuola e, come da copione, anche in questa fine estate, grazie ad un’intervista radiofonica del presidente dell’Associazione Nazionale Presidi (ANP), che oggi si chiamano dirigenti scolastici, fa capolino il tema dell’assunzione diretta.

Giannelli, facendo leva sulla grande confusione nello svolgimento dei concorsi, creata dai numerosi errori e dalle difficoltà nelle quali si trova il ministero dell’istruzione, propone per cancellare il precariato scolastico in Italia di fare come all’estero “attribuire alle scuole il potere di assunzione del personale stesso” perché “sarebbe molto più efficiente, molto più snello e molto più adatto alle esigenze della scuola”. Se si legge alla lettera l’intervista l’assunzione diretta dovrebbe valere non solo per i docenti, ma anche per il personale non docente.

A parte la cronica esterofilia di molti, per la quale quello che si fa all’estero in contesti del tutto dissimili da quello italiano è sempre da copiare, la proposta manca di tutta la parte attuativa, cioè di tutti i dettagli, non secondari, della eventuale procedura concorsuale di scuola, perché comunque, a meno che non si voglia cambiare la Costituzione, sempre un concorso bisogna fare. Cioè, chi prepara i bandi, quali sono i contenuti sui quali esaminare i candidati, chi fa parte delle commissioni giudicatrici, con quali fondi vengono retribuiti, e tutto il resto.

 

La proposta non tiene neppure conto che il tentativo già compiuto in questa direzione con la “chiamata diretta” della legge 107/2015 è naufragato malamente non tanto o non solo per l’opposizione delle organizzazioni sindacali quanto piuttosto per l’incompatibilità profonda e strutturale dell’istituto dell’assunzione diretta da parte del dirigente scolastico del personale dentro il sistema d’istruzione italiano. Infatti, la chiamata diretta sperimentata non è stata né più efficiente, né più snella, né più adatta alle esigenze della scuola del sistema attualmente in uso dei concorsi e delle graduatorie.

In realtà, l’assunzione diretta è il cavallo di battaglia dell’ideologia che intende trasformare la scuola-istituzione nella scuola-azienda e nello stesso tempo l’obiettivo da sconfiggere da parte di chi rivendica il valore costituzionale dell’istruzione e il ruolo della professione docente e della libertà di insegnamento nella scuola-istituzione.

Per questo lo scontro intorno a questo tema è così infuocato e vede di volta in volta in campo i docenti e le loro organizzazioni associative verso i think tanks delle Fondazioni neoliberiste.

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Un quadro più dettagliato per l’affermazione della scuola-azienda lo si trova nel testo del presidente della Fondazione Agnelli, Andrea Gavosto, “La scuola bloccata”. Qui l’autore spiega come quella del reclutamento sia la madre di tutte le riforme possibili. E come sia necessario evidenziare prioritariamente le lacune della scuola attuale, coinvolgendo genitori e alunni, ma procedendo a piccoli passi per non suscitare la contrapposizione del corpo docente e dell’opinione pubblica verso le riforme proposte.

In questa visione i provvedimenti delle recenti norme di legge (legge 79/2022 e decreto aiuti-bis) separando l’abilitazione dall’assunzione per concorso e introducendo la carriera degli insegnanti dovrebbero spianare la strada all’assunzione diretta dei docenti da parte delle scuole (o dei dirigenti scolastici).

L’assunzione diretta, e il conseguente potere di licenziamento, da parte delle scuole autonome, o dei loro dirigenti, sarebbe il passo decisivo per l’affermazione della scuola azienda, con il corollario della competizione tra gli istituti per accaparrarsi gli insegnanti migliori, con i quali stipulare un contratto individuale premiante per i “docenti più esperti”, cioè capaci di attirare un numero maggiore di “studenti-clienti”.

 

Fino ad ora la resistenza e la resilienza delle e degli insegnanti vecchi e giovani, di ruolo e precari, mantenendo alta la qualità dell’insegnamento, ha messo molti bastoni tra le ruote all’ingranaggio della scuola-azienda, rallentando e a volte bloccando la poderosa macchina da guerra dei think tanks aziendalistici.

È necessario continuare a difendere la scuola-istituzione e la libertà di insegnamento perché l’istruzione e la scuola non hanno nulla da guadagnare, anzi molto da perdere, dall’affermazione dell’obsoleta ideologia aziendalista, che propone gerarchie e competizione come strumenti della governance degli istituti.

Gian Giacomo Mora

Gilda tv