Il governo e l’Aran stanno cercando di chiudere velocemente la parte normativa del CCNL del 2018-21, che andrebbe ad attuarsi per il futuro, e la residuale parte economica di 300 milioni di euro spostati dal “merito” agli aumenti stipendiali generalizzati. Non si parla di investimenti sostanziali per il 2024 a favore del personale della scuola. La difficile situazione economica non fa sperare in grandi aperture. Altre sono le emergenze da affrontare, emergenze spesso legate al peso politico di lobbies legate a specifiche categorie e a una riforma della fiscalità che rischia di ridurre le risorse disponibili nel bilancio dello Stato nei prossimi anni.
In questo contesto fa pensare la proposta della Flc-CGIL che vorrebbe utilizzare parte delle risorse (poche) disponibili per gli aumenti contrattuali (15-10 euro, se va bene) per riconoscere al precariato la possibilità di usufruire dei permessi per motivi familiari che ora sono previsti solo per il personale di ruolo.
Ottimo proposito, ma crea non poche perplessità il metodo “solidaristico” che si vorrebbe attuare togliendo parte degli aumenti stipendiali per coprire i costi del riconoscimento dei permessi per il personale precario. Di fatto il sindacato, invece di rivendicare risorse per la sacrosanta equiparazione dei diritti tra personale di ruolo e personale precario, si accontenta di accettare le condizioni imposte dal governo di fatto autotassando il personale di ruolo per redistribuire le briciole al personale precario.
E’ un sintomo preoccupante della debolezza del sindacato anche perché la questione dei permessi per motivi di famiglia o personali, tre giorni annui più altri sei giorni scalabili dalle ferie, è spesso oggetto di scontro tra dirigenti scolastici e richiedenti. Infatti i dirigenti scolastici non infrequentemente cercano di limitare la concessione dei tre giorni rifiutandosi di concedere i sei giorni di ferie che dovrebbero essere utilizzati con le modalità dei tre giorni previsti per motivi personali adducendo presunti oneri per l’amministrazione non riconosciuti dal CCNL.
Non è solo un problema per i precari, ma di tutto il personale docente.
Mentre nei grandi paesi europei monta la contestazione sociale contro le “riforme” finalizzate alla riduzione dello stato sociale e dei diritti e dei salari dei lavoratori, in Italia tutto tace.
Nel mondo della scuola si assiste ad una acquiescenza preoccupante di fronte all’aumento dei carichi di lavoro, delle responsabilità in capo ai docenti e alle infinite riforme che stanno cambiando in peggio la qualità del lavoro degli insegnanti riducendone l’autonomia e la libertà.
E’ una responsabilità dei grandi sindacati, ma anche del silenzio e dell’inerzia del personale della scuola schiacciato dall’autoritarismo di tanti dirigenti, dalla burocrazia dilagante e dalla perdita del riconoscimento sociale della professione.
Qualche volta bisognerebbe trovare il coraggio di dire no.