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20.06.2023

Berlusconi e la scuola. Un disastro

La morte di Berlusconi ha aperto il prevedibile peana di tutti i suoi sostenitori e del mondo dei media da tanti anni controllati in maniera diretta o indiretta dalle sue aziende. Per onestà intellettuale non possiamo non ricordare le “grandi” riforme della scuola legate ai suoi governi. Se è stato un bene inizialmente bloccare la sconclusionata riforma dei cicli di Berlinguer, le politiche seguite dai governi Berlusconi sono state improntate sullo slogan “meno Stato e più mercato” con l’esito di una fortissima riduzione della spesa pubblica nei settori fondamentali del welfare, scuola e sanità. Le  Ministre Moratti e Gelmini si sono generosamente battute per ridimensionare gli stanziamenti sull’istruzione utilizzando strumentalmente i caratteri già neoliberisti della riforma Berlinguer. Berlinguer aveva utilizzato le riforme Bassanini per introdurre il concetto di autonomia scolastica di stampo aziendalista insieme a una discutibile visione mercantile per legittimare la parità della scuola privata parificata con la scuola statale. Moratti (2001-2006), lungi dallo sconfessare tale indirizzo, ha introdotto la scuola dei dimensionamenti, delle “tre i” (inglese, impresa, informatica), la riforma della primaria con l’eliminazione progressiva del team di docenti per classe e il ritorno al maestro unico o prevalente, l’introduzione dei primi percorsi di scuola-lavoro, la creazione del docente tutor (mai attuata fino a Valditara) e del portfolio degli allievi partendo dalla primaria. La Ministra Gelmini (2008-2011), vero Attila della scuola statale, ha attuato un taglio drastico di risorse per la scuola statale (circa otto miliardi annui)  su indicazione del Ministro del Tesoro Tremonti con un radicale dimensionamento delle Istituzioni Scolastiche, con la revisione dei quadri orari e disciplinari della secondaria, con l’innalzamento del numero di allievi per classe, con la scomparsa dello specialista di inglese nella primaria, con la riduzione generalizzata del tempo scuola. Il paradosso è che nessuno dei ministri successivi non ha voluto mettere mano ai paradigmi delle riforme berlusconiane. Anzi, nel caso del governo Renzi (Ministra Giannini) si è tentato con la riforma della Buona Scuola di accentuare i caratteri liberisti dell’autonomia scolastica e di proseguire con il riassetto degli ordinamenti indebolendo ulteriormente la scuola statale. In generale a tutti, chi più chi meno, hanno fatto comodo i tagli alla scuola per fare “altro”.

Non rimpiangiamo quindi le politiche berlusconiane sulla scuola. Per il resto la storia giudicherà gli anni del berlusconismo in Italia. Intanto Berlusconi resta noto a livello internazionale più per il bunga bunga che per la sua statura di statista.

Alfredo Pagnin

 

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