La riflessione della Gilda degli Insegnanti sul modello della 'Scuola-azienda'
L’autore del breve commento sulla stampa nazionale alla pubblicazione dell’edizione 2024 di Eduscopio, la classifica di Fondazione Agnelli, che a deIa dell’autore ha la presunzione di segnalare le “scuole migliori” d’Italia, approfitta per lanciarsi in un panegirico della scuola-azienda e della necessaria, sempre a suo dire, concorrenza tra istituti scolastici. In premessa è necessario precisare che i “ritardi strutturali” che l’autore imputa alla scuola sono
tutti da dimostrare e che la moderna scienza dell’organizzazione aziendale, in tutti i seIori dal manifatturiero al terziario, da “illo tempore” ha abbandonato l’idea che la vecchia organizzazione gerarchica basata sulla concorrenza migliori le prestazioni e la produttività di chiunque. Tutta la letteratura scientifica sul tema da decenni sostiene, e dimostra, che solo un’organizzazione non gerarchica e non competitiva migliori di gran lunga la produttività delle aziende. Il segreto del bravo imprenditore è la capacità di coinvolgimento e di condivisione con i collaboratori e con tutto il personale della mission aziendale. Tra l’altro è facilmente dimostrabile, dati alla mano, che proprio la politica scolastica di questi ultimi decenni, tutta tesa a introdurre elementi caratterizzanti la vecchia idea di aziendalizzazione nell’organizzazione delle scuole: dall’autonomia scolastica alla dirigenza agli ex-presidi, dal middlemanagement al progettificio, è sicuramente responsabile della scomparsa della conoscenza, del sapere disciplinare, cioè della scuola “scuolabrodo” di cui si lamenta l’autore. Premesso tutto ciò, la differenza tra una scuola e un’azienda la spiega molto bene il filosofo francese Michel Serres quando afferma che: “Se tu hai un pane e io un euro, e io uso il mio euro per comprare il tuo pane, alla fine dello scambio avrò il pane e tu l’euro. È un equilibrio perfetto, no? Prima A aveva un euro e B un pane, dopo lo scambio A ha il pane e B l’euro. È una transazione equa, ma puramente materiale. Ora, immagina di avere un sonetto di Verlaine o di conoscere il teorema di
Pitagora, mentre io non ho nulla. Se me li insegni, alla fine di questo scambio io avrò imparato sia il sonetto che il teorema, ma tu continuerai a possederli. In questo caso, non c’è solo un equilibrio, ma
una crescita. Nel primo caso, abbiamo avuto uno scambio di beni; nel secondo, abbiamo condiviso conoscenza. E mentre i beni si consumano, la cultura si espande all’infinito”. In conclusione, per tornare ad una scuola della conoscenza e del sapere disciplinare si dovrà fare esattamente il contrario di quanto chiesto dall’autore, cioè con buona pace di tutti i palingenetici, abbandonare l’idea della scuola-azienda e ridare vita alla scuola Istituzione, perché ciò che può fare la scuola nessuna azienda lo può fare.